Lettera ai Catechisti
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Carissimi Catechisti,
è inutile. Gli annunciatori del telegiornale possono essere bravi quanto volete, e le annunciatrici possono essere anche carine. Ma la presa emotiva che hanno sull'animo degli ascoltatori i testimoni immediati di un avvenimento è tutta un'altra cosa.
Anche se distratti dal frastuono di un’accesa discussione in famiglia, incidente abbastanza usuale durante certe trasmissioni, quando interviene un testimone, ci si ferma tutti d’istinto. Come se fosse scattato un segnale segreto che ristabilisce, tra chi parla e chi ascolta, quel circuito di solidarietà che oggi, con una parola esotica di un certo effetto, viene chiamato “feeling”.I rari protagonisti di Piazza Tienanmen giunti in Italia, o gli scampati dall’inferno del Libano catturati dai microfoni nostrani, o le vittime liberate da un sequestro di persona, credo che abbiano avuto negli ultimi mesi il più alto indice di ascolto reale. Magari non hanno detto nulla di ciò che già non si sapesse, e non hanno fatto rivelazioni così trascendentali che i giornali non avessero descritto in precedenza, con una ricchezza perfino più abbondante di particolari. Eppure, quanta differenza tra i lettori della rassegna stampa, che a una certa ora della notte occupano i teleschermi con i titoli dei quotidiani, e questi disadorni testimoni in presa diretta, che possono anche balbettare, ma dalla cui parola si sprigiona la forza tragica di un incredibile coinvolgimento emotivo!
Mi avete già capito dove voglio arrivare.
I Catechisti non possono essere lettori della «rassegna stampa» su Gesù e sui misteri del suo Regno.
Non sono assimilabili, cioè, agli «speaker» scrupolosi ma «non allineati» dei nostri telegiornali.
Non basta che abbiano la voce calda.
Non è sufficiente la precisione patinata del loro «reportage» di seconda mano.
Il puntiglio di mille particolari con cui contornano la "buona notizia" può risultare perfino fastidioso, se ha sapore raccogliticcio.
Insomma, non si può parlare di Gesù vivo, solo perché si è visitata una galleria di quadri su di lui, o perché si esibisce, a chi te ne chiede informazioni, il catalogo dei reperti di museo che lo riguardano. Da questa legge non si sfugge: abbiamo il diritto di parlare compiutamente del Signore, solo quando lo si è fissato «con i nostri occhi».
Non con gli occhi degli altri. Che forse potranno anche essere più perspicaci, ma non ci abilitano a trasmettere cose vere in termini credibili. In fondo, la richiesta che i nostri ragazzi rivolgono al proprio catechista non è: «raccontaci quello che hai letto su di lui». Ma è la stessa domanda che troviamo nella sequenza della messa di Pasqua rivolta alla Maddalena: «raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?».
Chiaramente, la risposta non può non essere quella di lei: «ho visto la tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto, gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti. Cristo, mia speranza è risorto, e vi precede in Galilea».
Ecco, allora, carissimi Catechisti, io vi auguro che, con l’immediatezza dei testimoni oculari scampati a un eccidio e coinvolti personalmente in una vicenda di gioia, a chi vi interpella su Gesù ognuno di voi possa rispondere così: «Sulla mia strada ho visto la tomba. Anzi, tante tombe. Uomini distrutti dalla disperazione, avviliti dalla sofferenza, annullati dalla cattiveria propria, sfiniti per l’ingiustizia altrui, ridotti alla gelida immobilità del sepolcro».Ma è bastato che prendessero coscienza di ospitare, pur nel loro funereo squallore, il Cristo vivente, che la gloria del Risorto ha preso il sopravvento, e i segni di morte si sono tramutati in prorompenti anticipazioni di un mondo rinnovato.
Quanti fiori ho visto germogliare tra le rocce! Ricordo di averne colti tantissimi, anche sulla roccia della mia povera vita. No: non è un abbaglio. Non sono in preda ad allucinazioni le stesse cose che ti sto dicendo io te le possono confermare tanti “angeli” suoi testimoni, che ho visto sulla mia strada. Vai a fartele raccontare da loro. E poi, se non ci credi ancora, ti posso mostrare il sudario e le vesti del Signore. Li ho visti con i miei occhi, questi segni del suo passaggio o, se preferisci, questi sacramenti della sua presenza… la parola, l’acqua, il pane, il vino. Profumano di lui: non ci si può sbagliare. Vieni e vedi anche tu. Ti condurrò da Francesca che muore a vent’anni ed è impaziente di incontrarlo. Ti porterò nella casa di accoglienza per i terzomondiali, sepolcri neri al cui interno, attraverso quegli occhi smarriti, tanti miei compagni di strada scorgono Lui, il vivente. Ti farò conoscere degli amici che, spinti dalla sua Parola, parlano di liberazioni imminenti per i popoli oppressi. Ti accompagnerò nella mia chiesetta dove i poveri gli affidano i loro sospiri e sognano riscatti che non tarderanno a realizzarsi. E dove si fa l’esperienza del perdono. E dove, se ti lascerai soggiogare dall’imprevedibilità di trascorrere un po’ di tempo in preghiera davanti al tabernacolo, mentre arde una lampada, avrai la sensazione si mettere le mani sul timone della storia. Vieni a vedere anche tu. Sì, l’ho visto con questi occhi: Cristo, mia speranza, è risorto. E ci precede in Galilea. In una patria, cioè, che dobbiamo insieme edificare, con i mattoni fabbricati nei cantieri della storia, anzi della cronaca, e dove gli aneliti di felicità che ci tormentano l’anima, troveranno finalmente estuari di pace».
Carissimi Catechisti, il Signore vi preservi dalla malinconia della maschera, e dia a ogni vostra parola la credibilità che meritano i testimoni diretti degli avvenimenti più grandi della storia.
15 ottobre 1989 + don TONINO BELLO, vescovo
è inutile. Gli annunciatori del telegiornale possono essere bravi quanto volete, e le annunciatrici possono essere anche carine. Ma la presa emotiva che hanno sull'animo degli ascoltatori i testimoni immediati di un avvenimento è tutta un'altra cosa.
Anche se distratti dal frastuono di un’accesa discussione in famiglia, incidente abbastanza usuale durante certe trasmissioni, quando interviene un testimone, ci si ferma tutti d’istinto. Come se fosse scattato un segnale segreto che ristabilisce, tra chi parla e chi ascolta, quel circuito di solidarietà che oggi, con una parola esotica di un certo effetto, viene chiamato “feeling”.I rari protagonisti di Piazza Tienanmen giunti in Italia, o gli scampati dall’inferno del Libano catturati dai microfoni nostrani, o le vittime liberate da un sequestro di persona, credo che abbiano avuto negli ultimi mesi il più alto indice di ascolto reale. Magari non hanno detto nulla di ciò che già non si sapesse, e non hanno fatto rivelazioni così trascendentali che i giornali non avessero descritto in precedenza, con una ricchezza perfino più abbondante di particolari. Eppure, quanta differenza tra i lettori della rassegna stampa, che a una certa ora della notte occupano i teleschermi con i titoli dei quotidiani, e questi disadorni testimoni in presa diretta, che possono anche balbettare, ma dalla cui parola si sprigiona la forza tragica di un incredibile coinvolgimento emotivo!
Mi avete già capito dove voglio arrivare.
I Catechisti non possono essere lettori della «rassegna stampa» su Gesù e sui misteri del suo Regno.
Non sono assimilabili, cioè, agli «speaker» scrupolosi ma «non allineati» dei nostri telegiornali.
Non basta che abbiano la voce calda.
Non è sufficiente la precisione patinata del loro «reportage» di seconda mano.
Il puntiglio di mille particolari con cui contornano la "buona notizia" può risultare perfino fastidioso, se ha sapore raccogliticcio.
Insomma, non si può parlare di Gesù vivo, solo perché si è visitata una galleria di quadri su di lui, o perché si esibisce, a chi te ne chiede informazioni, il catalogo dei reperti di museo che lo riguardano. Da questa legge non si sfugge: abbiamo il diritto di parlare compiutamente del Signore, solo quando lo si è fissato «con i nostri occhi».
Non con gli occhi degli altri. Che forse potranno anche essere più perspicaci, ma non ci abilitano a trasmettere cose vere in termini credibili. In fondo, la richiesta che i nostri ragazzi rivolgono al proprio catechista non è: «raccontaci quello che hai letto su di lui». Ma è la stessa domanda che troviamo nella sequenza della messa di Pasqua rivolta alla Maddalena: «raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?».
Chiaramente, la risposta non può non essere quella di lei: «ho visto la tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto, gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti. Cristo, mia speranza è risorto, e vi precede in Galilea».
Ecco, allora, carissimi Catechisti, io vi auguro che, con l’immediatezza dei testimoni oculari scampati a un eccidio e coinvolti personalmente in una vicenda di gioia, a chi vi interpella su Gesù ognuno di voi possa rispondere così: «Sulla mia strada ho visto la tomba. Anzi, tante tombe. Uomini distrutti dalla disperazione, avviliti dalla sofferenza, annullati dalla cattiveria propria, sfiniti per l’ingiustizia altrui, ridotti alla gelida immobilità del sepolcro».Ma è bastato che prendessero coscienza di ospitare, pur nel loro funereo squallore, il Cristo vivente, che la gloria del Risorto ha preso il sopravvento, e i segni di morte si sono tramutati in prorompenti anticipazioni di un mondo rinnovato.
Quanti fiori ho visto germogliare tra le rocce! Ricordo di averne colti tantissimi, anche sulla roccia della mia povera vita. No: non è un abbaglio. Non sono in preda ad allucinazioni le stesse cose che ti sto dicendo io te le possono confermare tanti “angeli” suoi testimoni, che ho visto sulla mia strada. Vai a fartele raccontare da loro. E poi, se non ci credi ancora, ti posso mostrare il sudario e le vesti del Signore. Li ho visti con i miei occhi, questi segni del suo passaggio o, se preferisci, questi sacramenti della sua presenza… la parola, l’acqua, il pane, il vino. Profumano di lui: non ci si può sbagliare. Vieni e vedi anche tu. Ti condurrò da Francesca che muore a vent’anni ed è impaziente di incontrarlo. Ti porterò nella casa di accoglienza per i terzomondiali, sepolcri neri al cui interno, attraverso quegli occhi smarriti, tanti miei compagni di strada scorgono Lui, il vivente. Ti farò conoscere degli amici che, spinti dalla sua Parola, parlano di liberazioni imminenti per i popoli oppressi. Ti accompagnerò nella mia chiesetta dove i poveri gli affidano i loro sospiri e sognano riscatti che non tarderanno a realizzarsi. E dove si fa l’esperienza del perdono. E dove, se ti lascerai soggiogare dall’imprevedibilità di trascorrere un po’ di tempo in preghiera davanti al tabernacolo, mentre arde una lampada, avrai la sensazione si mettere le mani sul timone della storia. Vieni a vedere anche tu. Sì, l’ho visto con questi occhi: Cristo, mia speranza, è risorto. E ci precede in Galilea. In una patria, cioè, che dobbiamo insieme edificare, con i mattoni fabbricati nei cantieri della storia, anzi della cronaca, e dove gli aneliti di felicità che ci tormentano l’anima, troveranno finalmente estuari di pace».
Carissimi Catechisti, il Signore vi preservi dalla malinconia della maschera, e dia a ogni vostra parola la credibilità che meritano i testimoni diretti degli avvenimenti più grandi della storia.
15 ottobre 1989 + don TONINO BELLO, vescovo